“L’aggiorno così poi le arriverà il solito, il solito memo che le mando (..) È finita la legge di stabilità. Ci hanno dato quei soldi in più, che ci serviranno per salvare l’Idi come d’accordo… C’è solo un po’ di, insomma, come un articoletto, un paio di articoletti un po’ antipatici, ma, come lei può immaginare non le dico in quale città, sui soldi che vengono dati al Bambin Gesù”. Queste le parole che il professor Giuseppe Profiti, presidente della “Fondazione Bambino Gesù” fino a gennaio 2015, ha rivolto al cardinale Tarcisio Bertone. Questi ci tiene a puntualizzare (a suon di denunzie e querele) che non rideva quando gli hanno fatto notare l’enorme divario fra il “Bambino Gesù” e il resto del mondo pediatrico italiano, a cui ogni anno la Finanziaria assegna nel riparto dei fondi per la sanità solo le briciole di quella torta che, nella fase di “pre-riparto”, viene garantita all’ospedale di proprietà del Vaticano. Inoltre l’ampliamento, deciso dal governo Monti, dei proventi dell’otto per mille a favore della Chiesa cattolica ha portato al Bambino Gesù ulteriori 12,5 milioni annui, oltre agli 80 della finanziaria, solo nel 2012.
Non sarebbe così impossibile pensare che la ristrutturazione dell’abitazione dell’arcivescovo Bertone sia stata pagata grazie alla “Fondazione Bambino Gesù”: il 7 novembre 2013 Profiti scrive a Bertone una lettera di tre pagine dove illustra la crescita dell’attività della Fondazione nel corso dell’ultimo quinquennio, anche «in relazione ai mutamenti operati nella struttura della Fondazione, secondo le indicazioni da Lei formulate, che hanno condotto quest’ultima a concentrare l’azione di fundraising verso le istituzioni pubbliche e nei confronti delle grandi aziende private». Un’opzione strategica che, secondo Profiti, «ha dato grandi risultati sia in riferimento all’entità delle risorse reperite sia per la rete di relazioni e rapporti istituzionali che si è creata». Poi spiega che i programmi del triennio successivo sono ancora più ambiziosi: una serie di riunioni e incontri con referenti delle istituzioni politiche ed economiche sull’attività dell’ospedale e raccolte fondi a livello nazionale e internazionale. «Per questo il ruolo dell’Eminenza Vostra Illustrissima quale ospite di queste sessioni sarebbe garanzia di successo (…) nei successivi ritorni istituzionali ed economici». Nella risposta, il cardinale genovese precisa: «Tengo a confermare che sarà mia cura fare in modo che la copertura economica occorrente alla realizzazione degli interventi proposti nella documentazione che allego, venga messa a disposizione della Fondazione a cura di terzi, affinché nulla resti a carico di codesta Istituzione».
L’attico di 300 metri-quadri del cardinale Bertone è tra i capitoli più importanti al centro delle polemiche sullo scandalo Vatileaks, un’inchiesta della Procura di Roma che ha scoperchiato il “sistema IOR”, con abusi nella raccolta dei depositi dei laici, illecita attività bancaria e finanziaria ed elusione fiscale: i profitti venivano poi bonificati su conti correnti esteri, soprattutto Deutsche Bank e JP Morgan. Fino ai primi mesi del 2012 lo IOR era titolare di alcuni conti a New York e a Francoforte; dalla sede di Milano venivano effettuati quotidiani trasferimenti di ingenti somme, in modo tale che alla fine della giornata il conto milanese intestato allo IOR risultasse azzerato e il saldo trasmesso al conto IOR di Francoforte. Quando la Procura di Roma ha chiesto informazioni alla Banca d’Italia sui singoli movimenti presso la JPMorgan, lo IOR si è trincerato dietro il regime concordatario che avrebbe dovuto renderlo “legibus solutus” in Italia. A tutt’oggi il “tentativo-antiriciclaggio” del Vaticano, al di là della propaganda bergogliana, non è realizzato. Dopo anni di manovre interne alla Curia, risultano ufficialmente osservate solo 9 raccomandazioni sulle 16 stabilite da GAFI-Moneyval per combattere il riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento al terrorismo: «da luglio 2014 a gennaio 2015 diversi centri di spesa, come quelli relativi alla manutenzione, presentavano costi maggiori dal 200 e fino al 400 per cento rispetto alle tariffe di mercato». L’AIF, che avrebbe dovuto sorvegliare la trasparenza dello IOR, è stata svuotata dai bergogliani, con l’emarginazione del cardinale Attilio Nicora e la defenestrazione dello stesso presidente Ettore Gotti Tedeschi che dichiarava: «è un ambiente di potere. Fatto da mentitori, corrotti, ricattati! Peraltro c’è molto potere lì dentro, ma è comprensibile, una persona che vuole il bene, lì viene espulso!».
L’attuale direttore dello IOR, Jean-Baptiste de Franssu, nominato da papa Bergoglio il 9 luglio 2014, ha in precedenza lavorato alla creazione di un grande Vam, un unico “asset management” del Vaticano, per gestire in modo centralizzato le risorse sparpagliate tra ministeri, enti e organismi vari; in seguito, congelata quest’iniziativa, ha rilanciato proponendo la creazione di una Sicav (società d’investimento a capitale variabile), che sarebbe dovuta servire ai manager dello IOR per gestire parte dei depositi dell’Istituto, con sede in Lussemburgo, paese di area euro ma con fiscalità agevolata. La decisione aveva ricevuto il via libera dal consiglio di sovrintendenza, il board laico dello IOR, ma è stata bloccata prima dalla commissione cardinalizia di vigilanza, e poi personalmente dal Monarca. D’altronde De Franssu, già a.d. della Invesco, è un esperto di asset management e, in fondo, lo IOR ha operato in Italia per 40 anni, fino al 2011, senza essere autorizzata: abusiva attività di raccolta del risparmio, bancaria e finanziaria. L’ingente attività di riciclaggio presso lo IOR è decollata tra gli anni sessanta e settanta, grazie alla connessione tra Sindona e Cosa Nostra, ed è probabile che venga da lì anche la sicurezza con cui Vito Ciancimino depositò nei sacri caveau valigette piene di denaro nero. Per aggirare il regolamento che limita ai soli religiosi la possibilità di aprire depositi allo IOR, alcuni sacerdoti e monsignori sono soliti proporsi come prestanome di faccendieri, finanzieri e criminali che, in tal modo, hanno la possibilità di affidare alla Santa Banca il loro denaro sporco, lasciando un’offerta per l’Obolo di San Pietro.
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